Un Disabile al Quirinale

Un Disabile al Quirinale

357 hanno firmato. Arriviamo a 500.
Lanciata
Petizione diretta a
Il Governo

Perché questa petizione è importante

Lanciata da LORENZO TORTO

I tempi in Italia sono maturi per una svolta che porti finalmente “Un disabile al Quirinale”: è questo il titolo della mia iniziativa  e del mio personale pensiero un Presidente della Repubblica che affronti tutte le tematiche legate alla disabilità. in quanto solo chi vive la propria sofferenza e disabilità  può capire di cosa parlo.

 Questo mio umile pensiero nasce dal fatto che  di fronte al dilagare continuo di numerose ingiustizie che in Italia i disabili devono subire ancora in silenzio. ci sono tanti ostacoli che devono ancora essere abbattuti Spero che questa iniziativa sia "un'occasione di riflessione, di verifica, di impegno per le istituzioni e per l’intera nostra società nel ’effettiva uguaglianza delle opportunità e il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza da parte di chi è portatore di disabilità, fisica, intellettiva o relazionale, costituiscono traguardi di libertà e di umanità per ciascuno di noi e per le comunità delle quali siamo partecipi Ma purtroppo tanti ostacoli devono ancora essere abbattuti: nella vita quotidiana, nelle strutture economiche e sociali, nei pregiudizi di chi si sottrae ai doveri di solidarietà”.

Bisogna abbattere le barriere. Non solo quelle architettoniche, ma anche e soprattutto quelle culturali e sociali che ostacolano l’integrazione delle persone con disabilità. E’ questo il nobile obiettivo per cui credo che ci sia il bisogno di un disabile al Quirinale  noi disabili siamo ancora senza diritti. Ragione per cui ho elencato le varie problematiche ancora irrisolte dopo tanti anni  

1) I Disabili in Italia sono condannati a restare a casa, senza lavoro e poveri. Se vogliono essere attivi e lavorare, devono rinunciare all'assegno di invalidità. Se invece vogliono tenersi l'assegno da 287,09 euro al mese per 13 mesi, allora non devono lavorare. Dove per lavorare si intende un lavoretto al massimo da 400 euro al mese per non superare il tetto di reddito annuale, compatibile con l'assegno di invalidità, da 4.931 euro all'anno. Un cortocircuito che rischia di lasciare ai margini migliaia di persone affette da disabilità non grave dal 74% al 99%, impedendo loro di integrarsi socialmente a meno di rinunciare al sostegno a cui hanno diritto. il limite di reddito imposto per non perdere l'assegno di invalidità  è discriminatorio è  incostituzionale. non ci possono essere limiti reddituali  all'inclusione lavorativa della persona disabile non possiamo calpestare la dignità di chi soffre in questo modo. inoltre Ora si è aperto questo nuovo problema legato al Reddito di cittadinanza con gli aumenti delle pensioni di invalidità che vanno a incidere sul reddito familiare. Già nel 2019, del resto, al tempo dell’approvazione della Legge sullo stesso Reddito di cittadinanza, l’iniquità di conteggiare le pensioni di invalidità nel cumulo del reddito familiare, creando situazioni che allora come oggi danneggiano pesantemente tante famiglie con disabilità. anche il reddito di cittadinanza viene tagliato per i disabili. questo ennesimo attacco a famiglie costrette a vivere spesso ai limiti dell’indigenza. tutto questo è inaccettabile è vergognoso ( lo Stato con una mano dà e con l’altra toglie.)

2) si è svolta l’audizione del presidente dell’ istituto nazionale di statistica(ISTAT) prof. Gian Carlo Blangiardo che nella sua recente relazione a pagine 13-14 dichiara espressamente che Nel nostro Paese, norme dirette a favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità esistono da tempo; la principale è rappresentata dalla legge n. 68 del 1999 che ha introdotto l’istituto del collocamento mirato, superando il precedente collocamento obbligatorio che si configurava come un mero strumento risarcitorio nei confronti delle persone con gravi problemi di salute. Malgrado questa lungimirante normativa, resta rilevante lo svantaggio, nel mercato del lavoro, delle persone con disabilità. Infatti, nel 2019, considerando la popolazione tra i 15 e i 64 anni, risulta occupato solo il 32,2% di coloro che soffrono di limitazioni gravi contro il 59,8% delle persone senza limitazioni.

3)  Le barriere architettoniche in Italia sono ubiquitarie, nelle città metropolitane come nei piccoli centri. Ogni Comune d’Italia avrebbe dovuto adottare, entro il 01.03.87, un Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA). Ma ciò non è accaduto. 

4) Le scuole sono tutt’oggi inaccessibili agli studenti con disabilità motoria in 2 plessi su 3, a quelli con disabilità sensoriali nel 98% dei casi. Ed è altrettanto grave la situazione sia nei luoghi pubblici, sia in quelli privati ad accesso pubblico e non.

5) La garanzia dell’assistenza educativa agli studenti disabili deve costituire conditio sine qua non per l’avvio delle attività scolastiche. Ed è necessario, a tal fine, riconoscere la figura professionale dell’assistente educativo.

6) I caregiver devono venire inquadrati come dipendenti pubblici soggetti a lavoro usurante, qualora la valutazione multidimensionale dell’assistito escluda progetti di vita indipendente. I servizi sociali e sanitari devono assicurare un’assistenza adeguata a consentire al caregiver lavoratore i riposi necessari

7) Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), Livelli Essenziali di Assistenza Sociale (LIVEAS). Si chiede di restituire allo Stato – mediante riforma del Titolo V della Costituzione italiana – la competenza esclusiva sulle prestazioni sociali a favore delle persone con disabilità, per garantire l’adempimento alla Convenzione ONU per la tutela dei loro diritti. Nell’attesa, è necessario e urgente stabilire:

– procedure uniformi a livello nazionale per LEA, LEPS e LIVEAS. A partire dall’assegnazione di dispositivi e ausili per la disabilità,
– termini di risposta perentori e coerenti alle esigenze dei disabili, da parte delle ASL, in caso di guasti di dispositivi e ausili,
– aggiornamento su base biennale del nomenclatore tariffario,
– obbligo di pubblicazione online, da parte di ogni Regione e Provincia autonoma, di LEA, LEPS e LIVEAS effettivamente garantiti. Con aggiornamento annuale sui dati non personali relativi ai beneficiari e le relative erogazioni.

8) Lingua Italiana dei Segni (LIS). Si evidenzia come l’Italia sia l’unico Stato membro UE a non avere ancora riconosciuto la lingua dei segni. Con gravi conseguenze concrete nella vita quotidiana delle persone sorde (es. uffici pubblici, scuole e università, ospedali e situazioni di emergenza, servizi primari).

È improrogabile la promozione e tutela della LIS, in un’ottica di bilinguismo tra la lingua italiana parlata e scritta, la LIS e la LIS tattile. Al preciso scopo di garantire alle persone sorde, con disabilità uditiva e sordocieche (e alle loro famiglie) il diritto di libera scelta – su modalità di comunicazione, percorsi educativi e ausili da utilizzare – per realizzare il pieno sviluppo della persona e la sua piena inclusione sociale in tutti gli ambiti pubblici e privati.

Deve perciò venire istituita la figura dell’interprete LIS, con un ruolo diverso da quella dell’assistente alla comunicazione che è oggi presente negli istituti scolastici. Provvedendo alla formazione di formatori e associazioni di categoria, ivi inclusi gli Enti del Terzo Settore.
Ed è urgente provvedere alla fornitura e distribuzione a prezzi calmierati di mascherine trasparenti certificate che permettano ai sordi la lettura labiale.

9) nell’ultimo decennio si è detto che la disabilità necessita di una attenzione trasversale, non solo e tanto di interventi settoriali” afferma. “Un messaggio che è portante nella Convezione ONU sui diritti delle persone con disabilità ma che è stato indicato con chiarezza anche dalla stessa UE da cui torniamo con il nostro Recovery Plan in mano. La Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 spazia dalla piena inclusione, alle politiche per il lavoro, all’accessibilità, all’istruzione più inclusiva, al miglioramento dell’assistenza medica e dei sistemi di protezione sociale sostenibili e di alta qualità. La prossima Strategia 2020-2030 rafforzerà questo richiamo. gli interventi sono limitati: infrastrutture sociali e supporti all’autonomia non bastano. In altre missioni non si rileva invece alcuna particolare attenzione alla disabilità, in particolare l’assenza brilla nelle pur previste politiche per l’occupazione, nell’housing sociale, come pure in altre linee dedicate alla disparità di genere e, ancora, all’istruzione o, infine, alla reale accessibilità alla prevenzione e alla cura”purtroppo bisogna comprendere  che la disabilità è una delle prime cause di impoverimento per le famiglie. I costi della disabilità gravano in netta prevalenza sulle famiglie e su chi garantisce il lavoro di cura determinando o cronicizzando povertà materiale e immateriale. Se non si comprende come anche queste condizioni incidano sulla ripresa l’esito non può che essere quello delle nuove esclusioni e dell’inevitabile assistenzialismo

10) Nella Gazzetta Ufficiale (Serie Speciale - Corte Costituzionale) n. 30 del 22 luglio 2020 è stata dunque pubblicata l’attesa Sentenza 152 con cui la Corte Costituzionale ha imposto l’incremento delle pensioni agli invalidi civili totali e innescato la revisione, per via legislativa o giurisprudenziale, di altri emolumenti assistenziali. Nella disamina della Corte e nelle argomentazioni a supporto della Sentenza emergono elementi di principio e di cultura estremamente rilevante, richiamando oltre ai principi della Carta anche la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. E non possono sfuggire pregnanti riflessioni attorno alle misure che dovrebbero garantire il soddisfacimento di elementari bisogni di vita o sui vincoli di bilancio che non possono prevalere sugli incomprimibili diritti costituzionali( questi aumenti dove sono)

11) Ti è mai capitato di arrivare al casello dell'autostrada e premere il pulsante di aiuto per parlare con l'operatore?

Per noi udenti è un gesto molto semplice, l'operatore ci risponde a voce ponendo delle domande, noi rispondiamo e successivamente si apre la sbarra.

Ma per chi non è udente ci si trova davanti a un disagio grande.

L'opzione migliore sarebbe di mettere a disposizione un display con le domande poste dall'operatore e una tastiera ad uso del conducente, per esporre il problema e rispondere alle domande richieste.

12) Tutte le famiglie che chiedono un insegnante di sostegno didattico sanno quanto sia difficile che il bambino di qualsiasi età entri in sintonia con l'insegnante. Tutte le famiglie si sentono altresì responsabili perché anche i compagni di classe si legano all'insegnante che non è specificatamente "il/la maestro/a di Tizio" ma il/la maestro/a di sostegno a tutta l'attività didattica della scolaresca. Perché, se i documenti sanitari certificano il bisogno del sostegno fino a fine ciclo scolastico (scuola dell'infanzia, scuola primaria o scuola secondaria), l'insegnante cambia ogni anno? È ingiusto, è sbagliato verso lo studente, verso il resto della classe, è contrario a ogni valore di continuità didattica e ogni prospettiva di recupero effettivo dello studente. Si studi quindi attivamente un protocollo che lasci gli insegnanti a seguire il lavoro intrapreso con gli studenti fino a fine ciclo didattico. E si scelgano insegnanti preparati adeguatamente al lavoro da fare con bambini speciali e non presi alla cieca dalla graduatoria complessiva degli insegnanti "a disposizione" che hanno una preparazione generica "per tutte le materie".

13) No all'esonero dell'alunno con disabilità da alcune discipline di studio. Il Decreto Interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, emanato dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dà il via all’adozione del nuovo modello di PEI (Piano Educativo Individualizzato) e stabilisce le modalità di assegnazione delle misure di sostegno. 

I principali punti critici che riteniamo lesivi del diritto all'istruzione degli alunni con disabilità sono quelli che legittimano le cattive prassi, da sempre stigmatizzate, e più precisamente: 

o  l'esonero da alcune discipline di studio, con allontanamento dell’alunno con disabilità dal gruppo classe e dai suoi docenti,

o  la conseguente riapertura di “spazi laboratoriali” o di “aule riservate” piuttosto che attività individuali che ricreano, di fatto, le “classi differenziali”, 

o  la riduzione dell’orario di frequenza.

A ciò si aggiungano: 

o  la proposta, mediante tabelle prestabilite e standardizzate, delle ore di sostegno, 

o  la elaborazione e l'approvazione del PEI da parte del GLO, che è validamente costituito anche nel caso in cui le componenti non dovessero esprimere la loro rappresentanza,

o  il ruolo marginale della famiglia. Il nuovo GLO, Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione, è infatti costituito dal Team docente o dal Consiglio di classe presieduto dal Dirigente Scolastico, che ne definisce la configurazione (art. 3 c. 1 del D.I. 182/2020); in questo nuovo gruppo di lavoro la famiglia è uno dei soggetti chiamati a partecipare “ai lavori del GLO”: appare evidente come il suo ruolo nel processo decisionale a favore del figlio risulti marginale. 

14) possiamo affermare che il lavoro non è l’arma per combattere la povertà se non è accompagnato da una retribuzione “sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa” come recita la nostra Costituzione all’articolo 36.” Voglio far notare che l'Italia risulta essere l’unico paese in tutto l’Occidente dove i salari hanno subito una diminuzione se confrontati con quelli di vent’anni fa. L'Italia dovrebbe essere uno dei paesi più moderni e più civilizzati?

Anche l'UE si è accorta che in Italia le retribuzioni sono insufficienti e ha dato il via libera ad una negoziazione. Ma la Direttiva non introduce dei criteri di riferimento oggettivi, per esempio il costo della vita, l’inflazione, un paniere di beni essenziali, ecc. Più nel merito, sottolinea, “vengono definiti tre criteri per la determinazione del salario minimo, dovrà essere al di sopra del​ 50% del salario medio​ e del 60% del salario mediano lordo nazionale, ed essere al di sopra di una ‘soglia di dignità‘ calcolata in base al​ potere d’acquisto​ dei​ salari a prezzi reali“​. Utilizzando questi riferimenti per l’Italia, tenendo conto che il salario orario lordo mediano dei lavoratori dipendenti, riferito alle posizioni lavorative nei settori privati non agricoli, è calcolato pari a 11,2 euro, e quello medio invece è pari a 14 euro (Fonte Istat anno 2016, come riportato dall’INAPP nella Nota per il Presidente della XI Commissione della Camera dei Deputati) con la conseguenza che i valori di riferimento sarebbero rispettivamente 6,72 euro e 7,00 euro, lontani persino dai 9€ proposti nel 2019 dalla Dott.ssa Nunzia Catalfo. Questa retribuzione risulterebbe ancora troppo bassa per garantire in Italia una vita dignitosa!

L’Italia è uno dei sei paesi della Ue dove non esiste il salario minimo legale. Secondo i dati Eurostat l’Italia è al quarto posto in Europa come percentuale di lavoratori poveri. Non si può dare colpa alla pandemia siccome risultava povero già nel 2019, l’11,8% dei lavoratori, dopo l'Italia susseguono la Romania, la Spagna e il Lussemburgo, rispettivamente al 15,4, al 12,8 e al 12%

Per queste ragioni si chiede per tutte le categorie di lavoratori e per ogni tipologia di contratto, di garantire e legiferare una retribuzione minima oraria netta di €15,00.

Infine Voglio ricordare che il livello di civiltà di un popolo e di uno Stato si misura anche dalla capacità di assicurare alle persone con disabilità inclusione, pari opportunità, diritti e partecipazione a tutte le aree della vita pubblica, sociale ed economica» è giunto il momento che un disabile vada al Quirinale per rispondere e risolvere i problemi dei tanti disabili che soffrono .ecco perché nasce questa nobile iniziativa per sensibilizzare chi ci governa a pensare alla vera inclusione del disabile all' interno delle istituzioni governative

15) Lavoro, la Spagna abbatte il precariato: record di contratti stabili. Dire finalmente addio ai contratti di lavoro precario? Questa è la sfida lanciata dalla Spagna. Ebbene, sembrerebbe proprio che tale sfida sia possibile. Ma cos’è accaduto? Bene, devi sapere che il Governo spagnolo ha messo in atto una nuova riforma del lavoro con l’obiettivo di abolire il precariato. Gli effetti sono stati addirittura migliori di quanto era stato pronosticato dal premier Sanchez. Infatti, nel mese di aprile i contratti stabili sono stati ben 700 mila, ossia una percentuale del 48%.  Praticamente la metà dei nuovi contratti che sono stati stilati ad aprile sono stabili. Questo potrebbe essere un vero e proprio sogno per l’Italia, Paese nel quale registriamo un record di contratti a termine. Insomma, mentre in Spagna si registravano 700mila contratti stabili, in Italia abbiamo toccato il record dei 3 milioni di contratti a termine. la Spagna è riuscita a realizzare qualcosa che in Italia sembra davvero utopico: un record di contratti stabili con l’obiettivo di abbattere il lavoro precario. la Spagna ha pensato bene di limitarlo fortemente, soprattutto in un periodo dove il precariato viene spesso utilizzato. In questo senso si è  deciso di puntare maggiormente sui contratti a tempo indeterminato come possibilità di accesso al mercato del lavoro spagnolo. La Ministra del Lavoro spagnola Yolanda Díaz ha affermato che si tratta di dati senza precedenti. Inoltre, molti non si erano fidati di tale iniziativa portata avanti dalla Spagna, che era stata duramente criticata e riconosciuta come sognatrice.  In realtà non è stato così, anzi. Dai dati che abbiamo visto la Spagna ha effettuato passi da gigante per poter finalmente abbattere il lavoro precario. il dato spagnolo maggiormente incoraggiante riguarda il numero di nuove assunzioni che hanno toccato il 73% dei contratti stabili spagnoli!

16) Inoltre Sono necessari interventi su più fronti per rendere più efficiente ed efficace la gestione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, istituito per incentivare l’assunzione di persone con livello elevato di disabilità fisica e psichica. 

È quanto ha evidenziato la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, nella relazione su “La gestione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (2016-2021)”, approvata con Delibera n. 9/2022/G. 

I dati emersi, ha sottolineato la Corte, non vanno nel senso auspicato dal legislatore, malgrado la riforma, avviata nel 2016, del sistema di utilizzo delle risorse, in precedenza attribuite alle Regioni e successivamente trasferite direttamente all’Inps. 

I lavoratori disabili assunti (11.882) sono stati, nel periodo osservato, molto meno degli iscritti alle liste del collocamento mirato, con un picco nel biennio 2016-2017 (rispettivamente, 3.089 e 2999 assunzioni) e un andamento successivo stabilizzatosi su valori molto più contenuti. La maggior parte dei lavoratori disabili avviati al lavoro attraverso i benefici (4.806) presenta, inoltre, una disabilità compresa fra il 67 e il 79% e, su 2853 lavoratori con disabilità intellettuale e psichica, un migliaio è stato assunto a tempo determinato.

Tale andamento, hanno osservato i giudici contabili, è dipeso anche dal livello degli stanziamenti statali che, inizialmente contenuti, si sono poi incrementati negli anni con tempistiche di impiego non sempre consone a un’adeguata programmazione. Proprio la carenza di strumenti, nonché delle prescritte azioni di verifica, da parte del Governo, sull’adeguatezza delle risorse finanziarie destinate al Fondo con la legge di bilancio, ha rappresentato una delle criticità emerse. 

Le fonti che concorrono al finanziamento del Fondo si sono dimostrate di relativa efficienza, stante la necessità di controlli efficaci sui contributi dovuti dai datori di lavoro in caso di esonero dall’obbligo assunzionale, da un lato, e la mancanza di un’adeguata campagna informativa sul fronte delle liberalità spontanee dei privati, dall’altro. Un’attenzione specifica, inoltre, è richiesta alle amministrazioni interessate ai cosiddetti “accomodamenti ragionevoli” obbligatori, la cui realizzazione, demandata alle regioni, è a rischio di disomogeneità geografica per la mancata definizione, a livello nazionale, dei livelli essenziali di prestazioni (Lep).

Una complessiva carenza di concertazione nella gestione del Fondo, ha concluso la Corte, cui l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità non è riuscito a far fronte

Vi invito a firmare questa petizione per lanciare un segnale forte alla politica perché la persona disabile è una gemma preziosa che valorizza la nostra società proiettandola verso la vera inclusione. non possiamo noi disabili restare ai margini di continue ingiustizie sociali che umiliano il nostro essere di persone straordinarie.

Questa petizione è la forza motrice di un cambiamento radicale che prima o poi avvera. e per questa ragione profonda vi chiedo di firmare. poiché la nostra voce deve entrare nelle stanze del potere.  Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, imparerebbe che questo Paese è speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale”.   

     

Vostro con grande affetto e stima  

TORTO LORENZO  

 

 

 

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