Gi architetti romani per Roma 2050

Gi architetti romani per Roma 2050
Perché questa petizione è importante

La recente nomina dI un noto architetto milanese a coordinatore del Laboratorio sulla Roma futura da parte dell'amministrazione capitolina, desta grandi perplessità per l'erroneo messaggio culturale che viene dato alla città: Roma non è più in grado di pensare sè stessa, e c'è quindi bisogno di attingere a risorse esterne per immaginarne il futuro.
Noi riteniamo invece che la metodologia di costruzione di un vero dibattito sulla città passi da altre modalità, più inclusive e trasparenti nelle procedure competitive da individuare, sempre con l'obiettivo di selezionare i migliori progetti per la città.
Con la firma di questa petizione chiediamo agli architetti romani di mandare un forte messaggio al Sindaco di Roma, per far sentire la presenza delle innumerevoli risorse creative e intellettuali che la città può offrire:
Caro Sindaco,
l’iniziativa dell’Amministrazione Pubblica Capitolina, di aprire una riflessione sul tema dello sviluppo futuro di Roma e di costruire una visione lungimirante e condivisa su cosa possa e debba diventare da qui al 2050, ci sembra da valutare in termini positivi dopo anni di oblio e di assoluta incapacità nel confrontarsi con temi alti e fondanti per il futuro della nostra Capitale.
Ci sembra però, ed ancora una volta, che questa iniziativa sia rappresentativa di un’espressione endemica, tipica di questa città, di un senso di provincialità e lateralità non all’altezza di una Capitale che per migliaia di anni ha prodotto paradigmi urbani, architettonici e culturali esportati in tutto il mondo.
L’idea che un unico architetto, per quanto bravo e conosciuto possa dirigere e coordinare un laboratorio urbano in grado di costruire le strategie di sviluppo di una città complessa come Roma e gli strumenti per la riqualificazione delle sue sterminate ed informi periferie, è, o almeno sembra essere, il veicolo di una strategia di marketing politico e mediatico, più che l’effettiva modalità di generare visioni e strumenti utili all’effettivo sviluppo della città, orientandone progettualmente le trasformazioni. E non è certo il coinvolgimento politicamente corretto di giovani architetti o collettivi, all’interno del laboratorio di futura costituzione, a rappresentare una soluzione; non è la selezione di quote rosa o di giovani (con la ovvietà politica di tale opzione) ad imprimere una svolta positiva al dibattito sulla Roma del futuro.
Sarebbe invece necessario coinvolgere le forze migliori della città costituendo un vero laboratorio pluridisciplinare che, lavorando in stretto contatto con l’amministrazione e gli ordini professionali, ma anche con le energie migliori del territorio, elabori un sistema di proposte coordinate su cui costruire una visione di lungo periodo ed un consenso largo e condiviso. Non si tratta, quindi, di chiudersi provincialmente rinunciando ad una vocazione realmente internazionale della città coinvolgendo professionisti da tutto il mondo che ne arricchiscano la già potente partitura, ma di costruire un modello autenticamente romano calato sulla straordinaria unicità e complessità del suo tessuto e di cui le risorse interne della comunità possano effettivamente arricchirsi (professionalmente e culturalmente).
Il sistema di cooptazione e di selezione non è poi una questione secondaria e marginale; è invece il tema centrale della questione. Un’amministrazione pubblica ha il dovere di creare le condizioni perché le forze migliori della comunità che rappresenta vengano coinvolte nei processi decisionali, ma non solo, dovrebbe con ogni risorsa, promuovere lo sviluppo intellettuale ed imprenditoriale cercando di indirizzare gli sforzi della collettività nella direzione della costruzione di un modello di eccellenza esportabile in giro per il mondo. Gli interventi di ristrutturazione urbana effettuati a Barcellona per le Olimpiadi del 1992 non solo hanno determinato, con un’attenta e feroce volontà e visionarietà politica, l’orientamento dello sviluppo della Barcellona degli anni 2000 (con il progressivo spostamento del suo baricentro verso il mare e dando centralità alla progettazione degli spazi pubblici e per la socialità) ma hanno costituito un modello di forte identità esportato in tutto il mondo (basti pensare per esempio ai concorsi per le 100 Piazze a Roma e per i Ponti della Musica e dell’ industria che mutuano i propri presupposti proprio dall’esperienza barcellonese). Ma si potrebbe ricordare l’esperienza della Grand Paris, il recente piano della grande Bordeaux o la ricostruzione dell’IBA a Berlino, solo per citare gli esempi più noti, tutti casi in cui le energie migliori delle rispettive città hanno sviluppato modelli poi studiati e replicati in altre parti del mondo facendo Cultura.
Roma può essere tutto ciò? Certamente sì! Non esiste altra città al mondo con questa enorme quantità di potenzialità inespresse che aspettano solo di poter essere messe a sistema ed essere ancora una volta re-interpretate e stratificate; dobbiamo riportare Roma a laboratorio mondiale di paradigmi estetici ed urbani: le risorse (economiche e qualitative) ci sono, vanno solo liberate creando un humus che spinga il confronto su un piano alto. Il sistema di cooptazione, invece di seguire dinamiche pubblicistiche e mediatiche, dovrebbe finalmente premiare le risorse migliori nell’interesse dell’intera comunità. La selezione dei migliori è infatti l’unico modo per garantire un ritorno di qualità per l’intera collettività urbana e non solo per i soli attori coinvolti.
L’investimento sulla qualità e la pluralità dei progetti è l’unico presupposto che possa arricchire la comunità sia in termini culturali che economici; la medietà impone invece, contro ogni interesse pubblico, il depauperamento delle risorse disponibili. Stiamo bloccando questa città straordinaria abdicando al nostro ruolo di guida e di promozione di cultura.
Noi ci ribelliamo a tutto ciò, e chiediamo a Lei, Sindaco Gualtieri, di promuovere finalmente un’azione di vero cambiamento nell’interesse della nostra straordinaria comunità, promuovendo iniziative aperte e competitive volte ad individuare le migliori progettualità che la città possa offrire.
Roma non è Milano, non potrà accettate nessun modello predefinito, nessuna retorica avulsa dalla sua specifica identità, semplicemente perché Roma è Roma, e deve tornare ad esprimere l'identità che le è propria.
La struttura ricca e stratificata della città, cosi come le sue molteplici sfaccettature ed identità, richiedono risposte diverse ed adeguate ai differenti contesti, frutto di una pluralità di visioni non sintetizzabili in singoli slogans.
Per tornare a rappresentare un riferimento cui guardare da tutto il mondo, Roma ha bisogno di connettere forze, pensieri e passioni.