Le notizie che arrivano da varie regioni dell'Etiopia in modo fortunoso e incompleto a causa del blocco delle comunicazioni sono terribili. Paesaggi desolati, costruzioni semidistrutte, persone in fuga. Una terra polverosa dove non cresce più nulla, aiuti umanitari bloccati. Mancanza di cibo, acqua, medicinali, impossibilità di curare le persone ferite negli scontri diretti o nei bombardamenti con droni pilotati a distanza. Esecuzioni sommarie, cadaveri di uomini legati coi fili della luce ritrovati nei greti dei fiumi, donne assalite come terre da conquista, stuprate, ammazzate, piegate nella loro dignità, nella loro identità. Un futuro che si chiude nel modo più impietoso per un'intera popolazione, un genocidio, per alcune etnie in particolare.Cosa possiamo fare oggi se non chiedere anche per questa tragedia uno spazio di attenzione nella prospettiva della giustizia?Avete invitato il premier Abiy Ahmed Ali a mettere fine al sanguinoso conflitto interno, ricordandogli che essere stato insignito un premio dal valore altamente simbolico a livello mondiale come il Nobel per la Pace implica coerenza.

Oggi vi chiediamo con fermezza di REVOCARGLI il premio, la cui assegnazione appare come una beffa paradossale e un ulteriore oltraggio per le vittime di questa tragica guerra senza testimoni. E se lo statuto non permettesse revoche, sarebbe il caso di aggiornarlo.