Anziani e malati gravi: non lasciamoli soli

Anziani e malati gravi: non lasciamoli soli
Perché questa petizione è importante
Anziani e malati gravi: non lasciamoli soli
A seguito delle considerazioni del medico Marco Geddes da Filicaia (su Quotidianosanità), proponiamo un appello agli amministratori della Sanità perché siano riviste le norme che vietano le visite dei familiari agli anziani nelle RSA e ai malati gravi negli Ospedali. La diffusione del Coronavirus ci ripropone un dilemma morale, rispetto alla tutela della salute degli anziani nelle RSA, e per i malati ricoverati in condizione critica e/o in fase terminale. E’ davvero complicato scegliere fra il garantire affetti e supporto psicologico e l’ interruzione dei contatti con l’esterno, cioè con parenti e amici, ovvero quei legami che offrono un senso alla vita e che, per le persone in età avanzata o per coloro che si trovano nel fine vita, se interrotti, non si riannoderanno. La scelta che è stata effettuata nei mesi passati, e che ora si sta proponendo, è quella di interrompere "tutti i contatti con l’esterno”, seppure consapevoli delle sofferenze che questa scelta comporta, sia per la persona ricoverata sia per amici e congiunti. Uno degli effetti collaterali di questa pandemia, che emerge in quasi tutti i racconti di pazienti (e anche di operatori), è la solitudine: quella di chi non ha potuto più vedere i propri figli, i genitori, i compagni. La solitudine più dolorosa, però, è stata quella delle persone malate, sofferenti, che in solitudine sono morte. Al dolore per la perdita del parente, dell’amico, si è aggiunto il dramma di non aver accompagnato e assistito la persona amata e la difficoltà di un’elaborazione del lutto. Si sceglie, fra rischi del contagio e lesione degli affetti e limitazioni delle libertà, quello che appare come il male minore. All’inizio di questa epidemia non si riusciva a dotare i visitatori di adeguati dispositivi di protezione, ma ora dobbiamo anche limitare la solitudine, non perdere la tenerezza, non affidarci per tali azioni solo alle “nude mani” degli operatori e alla loro capacità di “abbracciare con lo sguardo”. Dobbiamo assumere tutti i provvedimenti utili su questo fronte, anche per limitare la paura di “finire in ospedale” e di essere distaccato per sempre dagli affetti più cari.
È un dovere morale affrontare questo problema, per cui ci sembra necessario:
· favorire il colloquio diretto fra parenti e ospiti nelle RSA, predisponendo spazi adeguatamente protetti e riservati, in cui la relazione visiva e vocale sia assicurata;
· organizzare, nei casi in cui elementi affettivi e sanitari (pensiamo in particolare a situazione di aggravamento, a fasi terminali) lo richiedano, la presenza di una persona cara, con tampone negativo, adeguatamente istruita ed equipaggiata con DPI;
· sviluppare sistemi di collegamento visivo e uditivo appropriati a persone allettate e anziane (tablet, smartphone...).
Mariella Orsi (sociologa, Firenze)