

L’arrivo del #coronavirus ha portato alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di evitare il rapido diffondersi del contagio. Nell’emergenza, molte scuole si stanno attrezzando per attivare la cosiddetta “didattica a distanza”, nonostante le difficoltà tecniche. Se per la scuola secondaria e per le università questa soluzione può servire da tampone, chiunque abbia insegnato in una scuola primaria si rende conto che questo non può sostituire il contatto diretto e la relazione educativa, che ogni giorno si sperimentano in tutte le classi d’Italia.
Occorre inoltre salvaguardare il diritto allo studio anche degli alunni e delle alunne più svantaggiati, che non necessariamente dispongono di una connessione internet o di adulti in grado di seguirli in questo percorso.
In alcune regioni le scuole sono chiuse da due settimane e gli organi di stampa prospettano un prolungamento della chiusura anche dopo il 15 marzo.
Molti di noi insegnanti, pur restando in contatto con i colleghi e con le famiglie per assegnare attività che i bambini possano svolgere da soli, sostengono da giorni che le lezioni a distanza non possono – e non devono – avere la stessa valenza delle attività didattiche in presenza, soprattutto per bambini così giovani, che non hanno ancora sviluppato la necessaria autonomia.
A questo scopo, chiedo al Presidente del Consiglio e alla Ministra dell’Istruzione di valutare la possibilità di posticipare all’ultima settimana di giugno – per la scuola primaria – la chiusura dell’anno scolastico, in modo da recuperare, almeno parzialmente, queste settimane di pausa forzata.