LA NASPI E' UNA FREGATURA

LA NASPI E' UNA FREGATURA

L’introduzione della nuova disciplina degli ammortizzatori sociali, avvenuta con l’approvazione del decreto legislativo n. 22 del 2015, ed in particolare l’avvicendamento tra NASPI ed ASPI ha avuto come conseguenza il dimezzamento dell’indennità di disoccupazione a 220 mila lavoratori assunti stagionalmente dalle proprie aziende che per motivi legati al territorio non sono in grado di garantire un lavoro superiore ai 6 mesi l’anno.
COME SONO CONFIGURATI LEGISLATIVAMENTE GLI STAGIONALI
Esiste un decreto del Presidente della Repubblica del 7 ottobre 1963, n. 1525, che contiene l’elenco delle attività aventi carattere stagionale per le quali, in vigenza della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 1, commi secondo, lettera a), e sesto, della stessa legge, era consentito per il personale assunto temporaneamente l’apposizione del termine nei contratti di lavoro.
Il provvedimento fotografa la realtà del tempo in cui è stato adottato e restituisce un’immagine di stagionalità saldamente ancorata al settore primario, figlia di un’epoca in cui il processo di riduzione del peso dell’agricoltura sull’intera economia era ancora in fase iniziale.
Poche erano le attività industriali citate, mentre erano di fatto assenti le attività terziarie, con l’unica eccezione di fiere ed esposizioni.
Fu necessario attendere piu¹ di trent’anni per registrare l’apparizione sulla scena di alcune attività turistiche, con l’approvazione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1995, n. 378, che ha incluso nel suddetto elenco le attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi.
Restava comunque ferma la possibilità di assumere lavoratori stagionali anche in seno alle altre tipologie di aziende, nelle ipotesi previste dai contratti collettivi ai sensi dell’articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, o chiedendo l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro ai sensi del decreto-legge 3 dicembre 1977, n. 876, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18.
La facoltà di stipulare contratti stagionali in seno ad aziende ad apertura annuale è stata poi ribadita ed ampliata, in applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che ha esteso la nozione di stagionalità oltre i desueti confini dettati dalla disciplina del 1963 ed ha sottratto alla necessità di autorizzazione amministrativa i contratti stipulati per far fronte alle intensificazioni dell’attività in determinati periodi dell’anno.
In tale solco si è inserito il CCNL Turismo, annoverando esplicitamente tra le ipotesi non tassative in cui le parti stipulanti riconoscono sussistere le ragioni per la legittima apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato le intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, quali:
— periodi connessi a festività, religiose e civili, nazionali ed estere;
— periodi connessi allo svolgimento di manifestazioni;
— periodi interessati da iniziative promozionali o commerciali;
— ulteriori periodi di intensificazione stagionale o ciclica dell’attività in seno ad aziende ad apertura annuale. (Nucara, Candido; 2012).
Ad oggi, tuttavia, la categoria dei lavoratori stagionali si vede solo parzialmente riconosciuta, anche se, nei fatti, l’impiego, alla stipula del contratto, dei codici UNIEMENS T, G e S, ne determina l’esistenza e ne stabilisce il quantum numerico.
Il lavoro stagionale si caratterizza quindi per la mancanza di continuità dell’attività esercitata, ossia per l’alternarsi – nel corso dell’anno – di periodi di attività lavorativa a periodi di non lavoro in corrispondenza di eventi intrinsecamente connaturati all’attività (ad esempio concentrazione dei flussi turistici in alcuni mesi dell’anno). Prima del decreto legislativo n. 22 del 2015 – attuativo del Legge delega n. 183 del 2014 (Jobs Act) – la tutela per gli eventi di disoccupazione involontaria, in presenza di una contribuzione minima di 52 settimane nei due anni immediatamente precedenti la cessazione involontaria dal lavoro, garantiva una durata delle prestazioni (DS e ASpI) legata unicamente all’età e non all’anzianità contributiva. Non veniva inoltre presa in considerazione, ai fini della determinazione della durata del sussidio, la frequenza con cui la richiesta della prestazione era stata formulata in un determinato arco di tempo. Si potevano cosi avere beneficiari sistematici di queste prestazioni. A fronte di un minor numero di mesi di contribuzione, alcune persone fruivano di prestazioni più frequentemente di altri lavoratori con contribuzione più consistente in quanto continuativa.
Il fenomeno si verificava in particolar modo nel caso dei lavoratori stagionali i quali, con relativa sistematicità, alternavano periodi pressoché semestrali di contribuzione a prestazioni di durata tendenzialmente analoga.
In particolar modo, con due semestri di contribuzione (52 settimane) nel biennio conseguivano sempre il diritto, a seconda dell’età anagrafica, ad una prestazione di disoccupazione della durata teorica di 8 o 12 mesi. Ciò permetteva, a fronte di un’attività lavorativa stagionale ricorrente della durata di sei mesi nell’anno, l’indennizzo dei rimanenti 6 mesi, in cui l’attività lavorativa subiva la sua naturale interruzione.
Con l’attuazione del Jobs Act l’indennità di disoccupazione NASpI, introdotta per gli eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal 1° maggio 2015, assicura una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, secondo regole legate significativamente alla storia contributiva del lavoratore.
Infatti, la NASpI è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione presenti nei quattro anni precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro che ha fatto sorgere il diritto alla prestazione. Ai fini del calcolo della durata, non sono utili le settimane di contribuzione che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazioni di disoccupazione. Pertanto, la durata della NASpI è calcolata sulla base dei periodi contributivi presenti nel quadriennio di osservazione, al netto delle settimane contributive già “utilizzate” per precedenti prestazioni. Termina, quindi, il sistema che garantisce una tutela di durata indifferenziata a prescindere dall’entità della contribuzione.
Ne consegue che i lavoratori stagionali ricorrenti – a fronte di un rapporto di lavoro della durata di 6 mesi (26 settimane) nell’anno – a regime non potranno più percepire, nello stesso anno, di altrettanti mesi di prestazione di disoccupazione, ma fruiranno della prestazione NASpI per soli 3 mesi (13 settimane).
Le conseguenze del dimezzamento del sussidio ai 220 mila lavoratori stagionali semestrali sta creando un serio danno a tutta l’economia del territorio dove sono concentrati i lavoratori stagionali, considerando infatti una perdita annuale per ogni singolo lavoratore, di circa 3000 euro l’anno a fronte di un reddito annuale, antecedente al dimezzamento del sussidio, di circa 15000. Per fare un esempio concreto, i territori di Ischia, Capri, penisola sorrentina e costiera amalfitana, vivono esclusivamente di turismo e il 50% della popolazione attiva è impiegata solo durante la stagione turistica che inizia in sordina ad aprile, per raggiungere il suo apice tra giugno e settembre e finisce a ottobre con la chiusura di tutte le attività e in tutta Italia dal nord al sud esistono centinaia di località con le stesse dinamiche qui citate.
PROPOSTA DI MODIFICA DEL DECRETO LEGISLATIVO 22/2015
Per ripristinare nel modo più semplice economico e veloce possibile il sussidio di disoccupazione che percepivano i lavoratori stagionali prima dell'introduzione della naspi, il Meetup Amici di Beppe Grillo Ischia rappresentato da un suo attivista Ferdinando Caredda pensa che si debba intervenire riscrivendo l'articolo 5 del decreto legislativo 22 2015 .
Grazie al contributo dei senatori Sergio Puglia e Sara Paglini nella scorsa legislatura hanno formulato un'ipotesi di modifica attraverso un emendamento da inserire nella legge di bilancio ma il testo presentato da loro prevede una copertura finanziaria poco sostenibile economicamente per questo motivo ne abbiamo scritto uno che non ha bisogno di alcuna copertura anzi permette di recuperare 1,7 miliardi di euro .
Il principio che ci ha portato a riformulare l'emendamento è quello di ripristinare il meccanismo di calcolo della durata della Aspi e Mini Aspi senza abrogare la naspi.
Di fatto la naspi ha dimezzato il sussidio di disoccupazione a 200 mila lavoratori stagionali raddoppiandolo si a 1,5 milioni di lavoratori dipendenti ma con una forte penalizzazione ,infatti dal 4 mese l'importo del sussidio viene ridotto ogni mese del 3% , rendendo il sostegno economico del tutto insufficiente dal secondo anno, l'importo infatti saebbe inferiore al reddito di cittadinanza
Come avete potuto constatare durante la discussione del decreto dignità, per la prima volta sono venuti alla luce mediaticamente la peculiarità e l'estrema precarietà cui sono sottoposti i lavoratori che vengono assunti con un contratto stagionale, dato che loro sono esclusi dalla casualità, cui invece devono essere sottoposti tutti gli altri lavoratori che vengono assunti con contratto a tempo determinato,
Con questo emendamento si ripristina sostanzialmente il precedente ammortizzatore
Quindi portare il sussidio di disoccupazione da 3 a 6 mesi per 200 mila lavoratori e dimezzarlo da 24 a 12 mesi a 1,5 milioni prevede un risparmio da parte dello Stato di un miliardo e 700 milioni di euro (Decreto legislativo 22/2015 art.18) che possono essere utilizzati per il reddito di cittadinanza che questo governo sta preparando:
(Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22)
L'articolo 5 è così sostituito:
1. La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi due anni.
Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione.
2. Per le prestazioni di disoccupazione presentate a far data del 1 settembre 2018 e per i soli lavoratori stagionali non agricoli che possono far valere 52 settimane di contribuzione nell'ultimo biennio, la durata è calcolata per un numero di settimane pari alle settimane di contribuzione degli ultimi 12 mesi ed è corrisposta fino a un massimo di 26 settimane
3. Si considerano lavoratori stagionali non agricoli quelli assunti per attività di cui al decreto del presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, quelli definiti da avvisi comuni e da CCNL, nonché quelli assunti a tempo determinato nelle istituzioni scolastiche durante lo svolgimento dell’anno scolastico e nelle amministrazioni pubbliche e i lavoratori dello spettacolo