L'Europa accolga ora i profughi bloccati al confine polacco

L'Europa accolga ora i profughi bloccati al confine polacco

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Cesare Lo Magno ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a Mario Draghi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e a

ATTENZIONE: Prima di firmare questa petizione, firma quest'altra, di maggior successo, che affronta lo stesso tema (si eviterà così una dispersione delle firme).

GRAZIE!

“Né può essere questo esempio più miserabile né più raro”. (Niccolò Machiavelli, "Il Principe", XXI)

Quando il cattolicissimo Ferdinando d'Aragona, nell'Anno di Grazia 1492, bandì dal proprio regno l'intero popolo ebraico di Spagna, anche Niccolò Machiavelli, teorico sommo della ragion di Stato, si indignò. Questo potrà sorprendere alcuni, e sorprenderà senz'altro quei politicanti che, ancora nell'Anno di Grazia 2021, si compiacciono ad immaginare se stessi come spregiudicati spiriti machiavellici laddove seguono invece, pedissequi, le orme di Ferdinando.

Aljaksandr Lukašėnka, ortodossissimo monarca di Bielorussia, è pronto a strappare ad un profugo dieci o dodicimila euro per traghettarlo sino alla quanto mai inospitale soglia della civilissima Europa, dove già a novembre la temperatura non sale più sopra lo zero e la cattolicissima Polonia dipana i suoi buoni chilometri di filo spinato.

Si tratta di alcune migliaia di persone, fra cui non mancano bambini (il più piccolo ha due anni) e non mancano trentadue Afghani (e il suolo afghano - sarà bene ricordarlo - è stato calcato per gli ultimi vent'anni anche dalle suole di truppe europee. Per firmare la petizione di Amnesty International, clicca qui).

Sforzandomi ora di assumere un punto di vista non mio, tenterò di ragionare guardando attraverso le fredde lenti della ragion di Stato. Proprio in questi mesi, l'Italia sta attraversando una crisi demografica più grave del solito: per la prima volta dopo vent'anni, infatti, l'afflusso di stranieri è calato sino al punto da non riuscire più a compensare il nostro saldo negativo, e la difficoltà nell'approvvigionare di manodopera il mondo produttivo italiano, largamente fondato su dinamiche di sfruttamento, ne è una diretta conseguenza. Basterà questo, forse, a placare i furori dei tanti sedicenti machiavelletti di cui sopra.

Veniamo ora ad una considerazione politica. Quello di Lukašėnka non è un tentativo di "attacco" all'Europa nel senso concreto in cui lo intendono il governo Morawiecki e la stessa Ursula von der Leyen, rasentando la fantapolitica: l'attacco esiste, ma è giocato su un piano ben più sottile che non dispiegando lungo il confine polacco una manciata di profughi inermi. Nella loro fattispecie concreta, le mosse di Lukašėnka sono dettate da un'elementare forma di opportunismo: dietro lauto compenso, il buon patriarca bielorusso offre un viatico verso la salvezza, verso l'umano ed urbano mondo dei parlamentari incravattati e delle parlamentari in tailleur, verso l'Europa, e per di più in aereo: chi di noi non accetterebbe? Al contempo, e con questa sola mossa, può godersi lo spettacolo di quello stesso urbano mondo che, nudo, collassa dal suo Olimpo, vittima delle proprie stesse tare ideologiche. Ed è questo il vero nodo della questione.  

Un sistema, per sussistere, deve trovare una propria legittimazione, e l'Europa, rinnegando i capisaldi che essa stessa si è imposta, della propria legittimazione ha da tempo smarrita una parte consistente. È attraverso questa crepa sottile che Lukašėnka intende perpetrare il suo vero attacco, smettendo i panni del gelido calcolatore per vestire quelli del predicatore, da sempre cari a Bruxelles. In breve, a meno che non si decida ad accogliere i profughi entro i propri confini, la democratica Europa sarà destituita di ogni credibilità.

Intanto, al 9 novembre, già almeno cinque persone sono morte per assideramento, e, di questo passo, non potranno non seguirne altre. 

Ora che ragion di Stato ed etica, amaramente, coincidono, l'Europa agisca: i profughi siano accolti. 

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