Salviamo la Pesca

Salviamo la Pesca
Perché questa petizione è importante

Al Commissario Europeo per la Pesca e gli affari marittimi Virginijus Sinkevičius
Al Direttore Generale della FAO QU Dongyu
Al Presidente del Parlamento Europeo David Maria Sassoli
Al Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella
Al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi
Al Ministro per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli
Al Presidente della Regione Veneto Luca Zaia
Alla Direzione Generale della Pesca marittima e dell’acquacoltura c/o MIPAAF – Roma
Al Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Roma
Chioggia (Venezia), lunedì 13 dicembre 2021
Illustrissimi,
il seguente appello nasce in un momento di particolare difficoltà e crisi del settore ittico italiano, alle prese con scenari sconfortanti come le nuove restrizioni alla pesca previste da alcune politiche europee, in particolare dall’approvazione del regolamento per la gestione delle risorse per il Mediterraneo occidentale, che fissa di fatto al 40% la riduzione dell’attività di pesca entro l’anno 2024. Una riduzione eccezionale che si aggiunge al 20% già imposto in tre anni alla pesca italiana e alla demolizione della flotta di oltre il 16% in un decennio.
La situazione allarmante relativa alla sopravvivenza degli stock ittici del Mar Mediterraneo è addebitata interamente alle attività di cattura e in particolare alla pesca a strascico, senza considerare le altre fonti di impatto ambientale e gli evidenti cambiamenti climatici con cui si sta confrontando l’intero pianeta. Alla posizione intransigente di alcuni organi istituzionali e no, il mondo della pesca italiano oppone la richiesta di un approccio ecosistemico e di lotta ad ogni forma di inquinamento, come unica via per tutelare il mare e le sue risorse, comprese le comunità costiere e le attività economiche ad essa legate. Invocare sostenibilità – infatti - non significa solamente confrontarsi con i temi ambientali, ma saper affrontare anche l’impatto sociale ed economico di una drastica riduzione dell’ attività della filiera ittica.
Pesca, Turismo, alimentazione e ambiente sono da salvaguardare e da difendere implementando paradigmi di sostenibilità e rispetto verso la Natura e l’Uomo.
Solo garantendo una forma di equilibrio che sappia bilanciare tutti gli interessi in gioco, si possono compiere passi in avanti che assicurino sviluppo e welfare diffuso.
L’appello raccoglie le istanze manifestate – in primis - dai pescatori impegnati in prima linea, insieme alle associazioni ambientaliste, nell’opera di tutela del mare. I pescatori sono delle vere e proprie sentinelle a salvaguardia degli ecosistemi marini: autentici e, spesso, unici Custodi del Mare, che troppo spesso non vengono valorizzati e presi in considerazione nelle decisioni che contano sulle attività della pesca.
Il nostro mare rappresenta un patrimonio naturale di inestimabile valore e la maggiore possibilità di sviluppo per l’economia delle comunità costiere è rappresentato dal turismo e dalla pesca sostenibile. I pescatori sono da sempre in prima linea per difendere il mare, i pesci e l’intero ecosistema, ma - nonostante tutto - continuano a essere l’anello debole della catena economica e decisionale.
La situazione del settore ittico è diventata preoccupante a seguito del varo di reiterate regole volte a limitare lo sforzo di pesca, soprattutto nel Mediterraneo, da parte della Comunità Europea, con norme applicate ai paesi comunitari ma non a quelli non comunitari che si affacciano sul Mediterraneo. Questi stati – nostri naturali competitors - concorrono allo sforzo di pesca più dei paesi comunitari in quanto privi delle regole restrittive che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni di politiche europee sulla pesca.
Pescatori e Imprese provenienti dai Paesi extracomunitari sono diventati più agguerriti e competitivi e, ottenendo maggiori finanziamenti dai loro governi, i quali addirittura facilitano la costruzione e il varo di nuovi pescherecci, rappresentano oggi una vera e propria minaccia commerciale per la nostra economia.
I nostri competitors sostengono e incentivano il comparto ittico finanziando la cantierizzazione di imbarcazioni dotate di attrezzature d’ avanguardia tecnologica, anche con facilitazioni fiscali e previdenziali, portando in mare una flotta numerosa e competitiva non solo nella pesca, ma anche, nella commercializzazione, con equipaggi più numerosi in grado di garantire una migliore selezione del pescato, e offrire maggiore produttività alle proprie aziende.
Lo scopo primario della commissione pesca è stato in questi anni quello di preservare gli stock ittici, individuando nella riduzione dello sforzo pesca l'unica soluzione per la salvaguardia degli ecosistemi marini.
La pesca non può però essere considerata l’unica ed esclusiva causa del malessere in cui versano i nostri mari, tralasciando inquinamento e degrado ambientale generato dalla forte antropizzazione del territorio. L'industrializzazione e l’attività legata all'agricoltura, per non parlare del caotico, per quanto indispensabile, traffico navale hanno responsabilità sicuramente superiori rispetto a quelle legate al settore ittico.
Non sussistono esplicite evidenze scientifiche alla base della vera e propria campagna di demonizzazione e criminalizzazione della pesca in atto su scala non solo europea, ma, planetaria. La commissione pesca, ha ritenuto invece, che l'unica responsabilità sia da attribuire alla pesca. Regole uguali sia per gli oceani che per il Mediterraneo o il Mare Adriatico escludono dall’analisi l’evidente differenza di contesti ambientali e socioeconomici. I nostri mari rispetto ad altri sono caratterizzati da una evidente biodiversità in quanto chiusi e meno profondi. La diminuzione dello sforzo pesca prospettata non è basata su severi studi scientifici che tengano conto di tutte le variabili prima elencate, ma sulla deduzione del fatturato e dalla elaborazione dei dati dei giornali di pesca, i log book. È ormai un processo irreversibile quello della diminuzione drastica del 50% della flotta peschereccia comunitaria, dovuta alle demolizioni, incentivate sempre dalla comunità Europea.
La situazione delle nostre imprese è allarmante :non riuscendo più ad operare ed a concorrere con i paesi rivieraschi che operano con normative meno vessatorie, e con l'importazione selvaggia spesso spacciata per prodotto ‘nostrano’ molte realtà produttive hanno perso la speranza e vedono il futuro con ansia e rassegnazione.
Chiediamo che venga istituita una commissione ad hoc presso i territori regionali e nazionali utile a poter acquisire dati e informazioni da tutte le marinerie d’Italia e d’Europa e, che i rappresentanti delle principali organizzazioni di settore vengano invitati a portare il proprio contributo ed esperienza in tutte le sedi opportune dove si tratta di ripopolamento ittico. E’ giusto e sacrosanto quindi che non siano solo scienziati, politici, progettisti, lobbisti a decidere le sorti di un settore strategico per l’economia delle Nazioni e dei popoli d’Europa.
Nel corso degli ultimi anni i costi crescenti delle attività di pesca, il calo delle catture e degli sbarchi hanno eroso la redditività del settore provocando la riduzione di circa un quarto della flotta nazionale e causando la perdita di migliaia di posti di lavoro. Dal ‘93 le catture nei Paesi dell'Unione Europea sono diminuite del 25%, una riduzione che oltretutto non è stata accompagnata da un aumento dei prezzi alla produzione. I porti delle nostre città vivono della pesca, sono il fulcro di antiche tradizioni delle nostre marinerie, incarnano un fattore identitario della nostra comunità e, nonostante le difficoltà, continuano ad alimentare un tessuto umano e imprenditoriale costituito da piccole aziende artigianali, cooperative e singoli in grado di assicurare buone pratiche economiche e coesione sociale. Per questo la tutela della pesca e delle risorse ittiche diventa anche per noi un obiettivo improrogabile.
Invitiamo le istituzioni internazionali, europee e nazionali ad appoggiare misure di sostenibilità sociale e ambientale che siano in grado di assicurare un futuro alla pesca e condizionino gli aiuti alle demolizioni dei pescherecci e la conseguente perdita di occupazione alla creazione di un numero equivalente di posti di lavoro nelle marinerie di appartenenza.
Il 2022 sarà l’anno internazionale della pesca artigianale e dell’acquacoltura (IYAFA 2022). L’ International Year of Artisanal Fisheries and Aquaculture annunciato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite rappresenta una grande occasione anche per il variegato sistema della Pesca italiana e di tutta la filiera del settore ittico che abbraccia anche Turismo e Horeca . Promuovere modelli economici e sociali di sostenibilità umana ed ambientale è uno dei principi a cui ci siamo ispirati nella costruzione degli Stati Generali Pesca e nella stesura di quest’appello. La Pesca crea benessere e sviluppo e garantisce sostentamento non solo alle comunità costiere. Bisogna incentivare il consumo di specie locali e prodotti pescati nei nostri mari: è un percorso lungo che deve proseguire anche dopo il 2022.